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DiARIO Etnografico Personale: 1° Puntata

18/07/09

"Aisha e il rocchetto di Freud"
[…]Non ho più appuntamenti, non ho niente da fare, ma non ho voglia di tornare nello studio di S.Paul: troppo fighetto il quartiere, niente ch valga la pena di fare, di dire e di vedere. Decido non appena vedo il cartello della Metro: n° 9, direction MONTREUIL.

In metro, la piccola Aisha mi tiene compagnia sdraiata beata nel suo passeggino: gran sorrisi, urletti, mezze parole (Aisha, deduco, non parla ancora), mentre gioca con il braccialetto di mamma, una franco-africana molto elegante che ha occhi solo per la figlia.
Aisha ha forse meno di un anno, ma i bambini, si sa, racchiudono incosciamente tutta la saggezza delle vite che li hanno preceduti.
Aisha gioca con la madre: le dona il suo (della madre) braccialetto in cambio di un "merci, Aisha", e poi torna immediatamente a reclamarlo con movimenti veloci delle sue piccole braccia. Una volta ritornata in possesso del suo "tesoro", Aisha si gira verso di me e me lo mostra, un po’ vanitosa: "Hai visto che bello il mio braccialetto – l’ho riavuto anche stavolta!" – sembra dirmi sorridendo.
Maman dice ad alta voce "merci, maman", a richiamare la figlia sul gioco che le lega, ma stavolta
Aisha non se ne cura troppo; è troppo impegnata a vantarsi con me, (della) sua "ultima conquista".
Non riesco a non sorriderle, ma sono già un po’ stanco dopo una giornata passata qua e là a visitare appartamenti e non mi viene nient’altro inmente che farle una linguaccia.

Mi viene in mente la storiella del "rocchetto di Freud" (in realtà, era un Freud nipote del più famoso "inventore" della psicanalisi) che raccontava Bellasi durante l’unica sua lezione che sono riuscito a vedere, quando ancora non ero a Bologna e pendolavo tra Brescia, Milano e, una volta al mese, Bologna, per andare a trovare i miei affetti.[…]

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