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Analisi del voto Regionale 2014 in Emilia-Romagna

Visto che tra giornalisti e commentatori è ormai pratica consolidata fare analisi del voto sulla base di percentuali, inauguro un’analisi del voto basata sul conteggio dei dati “assoluti” (non percentuali).

Innazitutto occorre dire che la percentuale è un rapporto che indica in maniera sintetica la proporzione tra un insieme generale (in questo caso, i votanti) e uno dei sottoinsiemi possibili in esso contenuti (in questo caso, i partiti e movimenti politici o, prendendo un sottoinsieme composto dalla somma delle singole liste, il sottoinsieme delle coalizioni). In quanto indice sintetico è molto utile per restituire uno e un solo significato: il rapporto tra il sottoinsieme indicato e l’insieme generale (lista/coalizione -> numero di votanti).

In secondo luogo, permette un rapido confronto tra sottoinsiemi diversi, aiutando velocemente a determinare il peso RELATIVO di ogni sottoinsieme e dei sottoinsiemi confrontati tra loro.

MA…

Per quanto riguardo, invece, il confronto con eventi passati dello stesso tipo (serie storiche), la percentuale non viene più ad essere un indicatore utile, soprattutto quando cambia l’ampiezza dell’insieme generale (numero di votanti) in maniera significativa, come è successo in occasione delle Elezioni Regionali 2014 in Emilia-Romagna (e come succedeva in occasione del referendum sui finanziamenti comunali alle scuole private a Bologna nel 2013, erroneamente confrontato nei risultati con le Amministrative del Comune di Bologna del 2011).

In questi casi occorre fare un passo indietro, nell’analisi statistica dei dati, e leggere in primis i dati “assoluti”.

Elezioni Regionali 2014 – Emilia-Romagna (dato del Ministero dell’Interno, definitivo)

Confronteremo quindi questi dati con quelli delle Elezioni Regionali del 2010 (serie storiche del Min. dell’Interno) e con il dato regionale delle Elezioni Europee 2014  (dato pubblicato da Regione Emilia-Romagna Fonte: Min. dell’Interno).

L’analisi dei dati assoluti ci daranno delle informazioni “aggiuntive” (che in realtà sono “di prima lettura”, essendo il dato assoluto il PRIMO che si dovrebbe guardare) rispetto alle percentuali.

Iniziamo con il dato dell’affluenza alle urne:

Regionali 2014: Elettori: 3.460.402 ; Votanti: 1.304.841 (37,70%)

Europee 2014: Elettori: 3.415.283 ; Votanti: 2.390.402 (69,99 %)

Regionali 2010: Elettori: 3.463.713 ; Votanti: 2.357.733 (68,07%)

Primo commento

E’ evidente il crollo verticale della partecipazione elettorale, non solo rispetto alle scorse Regionali 2010, ma perfino alle Europee 2014 di meno di 6 mesi fa!

Dal punto di vista numerico, se gli aventi diritto rimangono praticamente immutati, il numero dei votanti si dimezza dalle passate elezioni a quelle odierne (0,5459 è il rapporto tra i votanti delle Regionali 2014 e i votanti delle Europee 2014) . Di questo è bene tenere conto in sede di analisi dei risultati delle singole liste/partiti/movimenti.

Elenchiamone alcune (WARNING: la tabella testuale qui sotto è invertita rispetto alla consueta rappresentazione per ragioni di comodità di composizione):

Partito/Lista                          |        PD       |     Lega Nord   |     SEL     |                 L’Altra Emilia Romagna*         |

Voti Regionali 2014           |  535.109   |      233.439       |   38.845  |                       44.676                                     |

(Bonaccini Presidente: 615.723 |

Voti Europee 2014              | 1.212.392  |    116.394      |  (non presente) |              93.964* (L’Altra Europa Tsipras)       |

Voti Regionali 2010            |  857.613  |      288.601     |   37.698   |                       58.943* (PRC-PdCI-Sin.Europea)      |

(Errani Presidente: 1.197.789 |

 

Tenendo conto del rapporto di cui sopra (0,5459, ricordo), si evince che:

1 – La Lega Nord raddoppia il numero dei propri elettori rispetto alle Europee 2014, stante il dimezzamento della base elettorale attiva. (Rapporto: 0,8088 tra 2010 e 2014, Regionali). Questo, in sede di analisi dei fattori politici, può essere dovuto a due cause: la natura europea delle precedenti elezioni, che penalizza un partito anti-europa come la Lega, nonostante il diffuso senso comune anti-europeista ; il crollo di Forza Italia che passa da 500.000 votanti del 2010 (ancora Popolo delle Libertà), ai 270.000 delle Europee fino ai 100.000 di queste Regionali.

Ma i 288.000 voti del 2010 ci devono far pensare che gli odierni 233.000 non siano frutto di un allargato consenso aldi fuori dell’area della Destra, ma di una crescita del peso relativo all’interno dell’area della Destra del partito di Salvini e Maroni. Vediamo:

2 – A livello di coalizione, la Destra passa da 844.915 voti nel 2010 a 374.736 del 2014 (Regionali). Alle Europee 2014, sommando i tre maggiori partiti della Destra, si ottengono circa 450.000 voti, segnando il punto di un calo generale per questa area politica in Emilia-Romagna. I “travasi di voti” tra le liste che la compongono, sono forse significativi a livello di peso politico relativo (la Lega Nord primo partito di Destra), ma a livello di risultato generale si vede come i voti della coalizione più che dimezzano dal 2010 a oggi, parlandoci quindi di un calo di consenso assoluto non dovuto soltanto al calo dei votanti attivi (il rapporto voti Regionali 2010/2014 per la Destra è di 0,4435 a fronte dello 0,5459 sul calo general dei votanti attivi).

3 – Il PD guadagna qualcosa in termini di consenso relativo: 0,6239 tra i voti delle Regionali 2010 e quelle del 2014. Mentre Bonaccini perde qualcosa rispetto ad Errani come candidato presidente: il rapporto dei suoi voti con quelli dell’ex presidente è di 0,5140.

4 – Pur con estreme precauzioni, dovute ai numerosi cambiamenti nelle formazioni della Sinistra, possiamo vedere come SEL sia di fatto l’unico partito, tra i maggiori, ad aumentare, se pur di poco, il numero di voti, nonostante il dimezzamento dei votanti. Dai 37.698 del 2010 ai 38.845. Trattandosi, però, di numeri relativamente bassi, la lettura che ci sentiamo di dare è che SEL ha consolidato una base attiva (cioè che partecipa al voto sempre e comunque, non viene quindi toccata dall’ondato di astensionismo) che si aggira sui 38.000 voti (noterete come parlare in termini di percentuale in questo caso sia fuorviante, poiché i 38.000 voti del 2010 corrispondono all’1.80%, mentre nel 2014 al 3,23%)

5 – Facendo due calcoli in numeri assoluti vediamo che confrontando i risultati del 2010 con quelli delle Europee, SEL + Coalizione delle Sinistre (PRC-PdCi-Sinistra Europea) nel 2010 (37.698 + 58.943 = 96641 voti) hanno praticamente lo stesso bacino elettorale della lista L’Altra Europa Con Tsipras alle Europee 2014 (93.964 voti). Pur, ripetiamolo, usando il dovuto condizionale vista la mobilità delle formazioni politiche di questa area, possiamo vedere come la lista L’Altra Emilia-Romagna, sostenuta dalle liste Tsipras, conservi quasi tutta la base attiva non-SEL della coalizione delle europee: tolti i 38.845 voti di SEL dai 93.964 della Lista Tsipras (appoggiata da SEL tramite indicazione di voto, ma con libertà di scelta), otteniamo 55.119. Il rapporto dell’area Tsipras è pari quindi a 0,8109, più alto di quello della Lega! Ovviamente il risultato va letto in termini di consolidamento di una base attiva (non toccata dall’astensionismo anche in questo caso, come per SEL), e non, in questo caso a differenza della Lega Nord, né come aumento del peso relativo all’interno dell’area delle sinistre, né tantomeno in termini assoluti. NOTA: Ho calcolato il rapporto partendo dai dati delle Europee 2014 perché questi sono maggiormente confrontabili trattandosi di un movimento che non si rifa direttamente a partiti definitivi, pur contenendoli a suo interno. L’aggregazione PRC-PdCI-Sin.Europea non è politicamente omogenea a L’Altra Emilia-Romagna, sebbene i numeri ci parlino di una sostanziale continuità tra queste due aggregazioni politiche (55.119 per L’Altra Europa con Tsipras MENO SEL, 58.943 per la coalizione PRC-PdCI-Sin.Europea).

Il sommario ragionevole che dovreste trovare sui giornali

Imbattibile Errani, Bonaccini è dietro. Convince il PD. La Lega scalza Forza Italia ed è il Primo Partito delle Destre. Tengono le Sinistre e i 5Stelle.

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Rapropos (Luca Grincinella, Agenzia X, Milano, 2012) – Les propos du rap (redcat).

È un libro che lascia perplessi, a metà tra l’indefinibile (in positivo) e l’incompiuto.
Sembra quasi un instant book – tocca tanti temi senza approfondirne nessuno – ma leggendo la bibliografia finale ci si chiede quanto tempo c’abbia messo a leggersi quei 10 titoli?

È un rabbit book, salta da una parte all’altra, cercando di prenderle tutte. A volte offre degli spunti interessanti, dice cose “nuove” (soprattutto per il “grande pubblico”): come quando affronta la “questione sociale” che sta dietro e dentro al rap, le condizioni dei quartieri, il razzismo, quotidiano e istituzionalizzato. Credo che questa parte sia veramente ottima e mi ritrovo in pieno nella lettura socio-politica che viene proposta e che, sostanzialmente, dona al rap una qualificazione di “pratica di resistenza civile” che oppone, anche, alla violenza delle condizioni economiche, della discriminazione, dell’emarginazione una certa violenza di linguaggio, legittima.

Ma altre volte si limita a quella che sembra in pieno una “difesa d’ufficio del rap”. E così facendo non rende un grande servizio proprio a ciò che vuole difendere: per far sì che se ne parli, che si crei dibattito intorno a un tema, bisogna avere un po’ di coraggio e dire certe cose, porre in luce contraddizioni, sollevare polveroni, anche. Invece, e proprio sui temi di più scottante attualità (violenza, questione di genere) si limita al classico invito alla riflessione: “non fermatevi ai titoli dei quotidiani!”. Chi scrive, un po’ per militanza, un po’ per passione per l’hip hop, un po’ per carattere, non si è mai fermato ai titoli dei giornali. Però, mettendomi nei panni di coloro per i quali il libro è scritto – appassionati del genere ma che non conoscono la scena francese; musicofili in genere; sociologi e militanti alquanto a digiuno di tendenze musicali contemporanee – mi chiedo: perchè? Perché dovrei andare oltre i titoli dei giornali? Perché dovrei mettere in dubbio le voci di quelle associazioni di donne che, con una certa fatica, negli anni, sono riuscite a ritagliarsi una legittimità pubblica nel parlare di questioni come la violenza maschile e il machismo? Perché di fronte ho altri marginali?

“Non è tutto oro quel luccica – non è tutta merda quella che calpesti nel prato”. Va bene, ma allora invece di spendere pagine e pagine a mettere in luce interviste, ripensamenti, mezze parole a propria discolpa di questo o quel Mc o gruppo, perché non dirlo chiaro e tondo, subito: “il rap (tutto il rap, non solo quello francese) viene dalla strada, è fatto principalmente da uomini e contiene una certa tendenza machista”. Poi però ci sono anche Keny Arkana, Casey (completamente dimenticata! Una che ha aperto il concerto dei Public Enemy allo Stade de France, Parigi, nel 2009!!! Tanto per restare alla logica mainstream che “pesa” gli artisti in base ai riconoscimenti ottenuti, uno logica neanche troppo lontana da quella degli Awards), e altre donne che parlano di queste cose e dicono questo.

Ci sono i “rappers conscient”: Diam’s, Rocé, Kery James (altro personaggio importantissimo che ha fatto la Storia del rap francese prima con il gruppo Mafia K’1 Fry e ora sviluppando in parallelo la sua carriera da “solista”. Dimenticato: forse a Aubervilliers (93, Saint Denis) quelli del 9-4 – Val de Marne, cintura esterna sud-est di Parigi – non li ascoltano… mah!, non credo proprio!), NTM, SNIPER (Tunisiano, Aketo, Blacko) e tanti altri che non si sono mai sognati di scrivere certe cose, anzi ne parlano in forma del tutto diversa (giusto per fornire una “fonte”, consiglio di ascoltare “Y’a pas de mérite” degli SNIPER, contenuto nello storico album “Gravé dans la roche” nota 1>).

Continued…

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Siamo in riflusso?

Volevo condividere con il tutto&niente indifferenziato della Rete questa riflessione che facevo l’altro giorno tornando dal lavoro. Ci sarebbe da controllare le date, mettere dei link, fare manutenzione. Ma ora non ci riesco, non ho tempo. Prometto che mi ci metterò. Se mi spronate (perché vi interessa), può essere che faccio prima.

Negli ultimi mesi abbiamo assistito a diversi fenomeni sociali che, un po’ faticosamente e a volte in maniera forzata, si è riusciti a far “convergere” in orizzonti simbolici e di significato comuni. Si è operata una “sintesi”, anche in senso letterario del termine, di esperienze diverse in varie parti del mondo. Questo è sicuramente un fatto rilevante, perché erano giusto 10 anni che questa “sintesi” non veniva più realizzata a livello internazionale, e neanche si voleva farlo.

Io ero, e francamente sono ancora, tra quelli che non voleva farla.

Però non è per questo, davvero, che vorrei articolare quella che a molti sembrerà una critica e, invece, è solo, ancora una volta, un tentativo di comprendere il flusso in cui siamo immersi, prendendo le “recul” necessario. Mi pare comunque giusto esplicitare la mia posizione all’inizio, per essere chiari, e sinceri.

Continued…

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È stato UCCISO un ragazzo

È stato morto ucciso un ragazzo!

Dopo 7 anni, è arrivata la sentenza di Cassazione sulla morte di Federico Aldrovandi da parte di 4 agenti della Polizia di Ferrara.

http://www.zic.it/federico-aldrovandi-la-cassazione-conferma-le-condanne-ai-poliziotti/

Qui un ottimo riepilogo della vicenda e dell’iter processuale:

http://www.zic.it/aldro/

r.

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L’attualità di Peter Kropotkin

Consiglio vivamente la lettura di Kropotkin, che rivela attenzione su temi di grande attualità, dalla crisi della forma Stato alla divisione del lavoro manuale ed intellettuale, ai brevetti e la proprietà intellettuale (scriveva a fine ‘800!), partendo da un tentativo di fondazione scientifica dell’anarchismo (con importanti note anche sulla sociologia, che condivido da sempre, senza saperlo).

I temi e la particolare posizione di Kropotkin sembrano riecheggiare alcune analisi di Toni Negri, solo che Kropotkin era anarchico! L’attenzione all’esperienza dei Comuni (e DELLE Comuni) riesamina l’esperienza medioevale portanto allo scoperto le caratteristiche di autonomia e autogoverno, molto simili ad alcuni tratti del concetto di “comune” caro a Negri, ma in un’ottica consapevole della necessaria fondazione “autogestita” e non separata dell’autogoverno (quindi un “federalismo” su piani completamente diversi da quello leghista, fatto di “protezionismo culturale” e libero mercato).

Secondo me è attualissima la proposta della doppia integrazione di Kropotkin: integrazione di città e campagna, e di agricoltura e industria, per rompere il totalitarismo cittadino e la colonizzazione sempre più massicia delle campagne (nonché utile per risolvere l’annosa questione delle periferie urbane che finalmente acquisterebbero una loro autonomia anche funzionale e non subordinata ai centri cittadini).

Ed integrazione tra lavoro manuale ed intellettuale, che da un punto di vista individuale porterebbe alla completa soddisfazione personale e dal punto di vista sociale creerebbe un mondo di produttori formalmente uguali (si può riassumere ciò nella formula “liberi ed uguali”).

Allegato al numero 349 di “A rivista anarchica” del dicembre 2009 – gennaio 2010 c’è una lettura di Kropotkin, in cui sono riportati degli estratti su questi temi da diversi suoi libri scritti tra il 1885 e il 1912.

LINK

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Proposta per un Kaos organizzato (2003)

NOTA: Questa idea fu partorita dal medesimo ormai 7 anni fa, intorno al 2003. Un periodo storico segnato dalla sconfitta epocale del movimento di Genova 2001 e che, con il riflusso, vide grandi difficoltà per i collettivi di base di attuare qualsiasi cosa che non fosse un volantino o uno scritto. Questa idea è quindi figlia di quel tempo, e di quella esigenza. Altre esigenze, come la pratica libertaria nell’organizzazione, sono maturate in seguito e, visto che ci stavano, le ho aggiunte.

Anni addietro, quando ero un po’ più situazionista e di belle speranze, scrissi di getto sul taQQuino questa idea, mentre studiavo IL noiosissimo Diritto Pubblico che c’hanno tutt* in piano di studi da Astronomia a Scienze della Moda.

Il Principio di Minoranza (minority power) Continued…

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Brochure – Squatting 2011: guida all’occupazione ad uso delle nuove generazioni

Dopo un po’ di tempo ho deciso di condividere anche questa “Guida”.

Si tratta della traduzione e adattamento al contesto italiano di una guida omonima scritta in Francia.

L’ha tradotta e curata un mio amico.

Io l’ho impaginata, come al solito in formato libretto (resa A5).

brochure – squatting – A5 Fronte Retro BiancoNero

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La Rivolta di Londra: commento a caldo

“Non reclamano nulla”. “E’ la rivolta dei disperati”. “Rivolta morale”.

I commenti sui media mainstream sugli avvenimenti che stanno sconvolgendo l’Inghilterra in queste notti sono un immenso déjà vu.

 

“Rivolta di emarginati”. “Jacquerie”. “Impolitica o prepolitica”.

Già si tenta di tracciare profili, dare spiegazioni, assumere a paradigma, sulla scorta delle esperienze passate, prima di tutte la Rivolta delle Periferie francesi del 2005.

Ed indubbiamente i primi significati che ci arrivano dall’isola di Churchil ricordano da vicino la dinamica dei fuochi che sconvolsero la Francia sei anni fa.

Un ragazzo morto a seguito dell’intervento della Polizia. Una gestione farraginosa delle informazioni da parte delle forze dell’ordine e delle istituzioni. La rabbia di familiari, parenti, amici, “fratelli” di quartiere.I primi riots, nella notta di Tottenham, quasi esclusivamente contro la Polizia. Si fa giorno e le immagini rimbalzano sui telegiornali nazionali, ma soprattutto sui media globali della Rete. Cala la sera, è di nuovo fuoco e stavolta saccheggi.

La terza notte (esattamente come in Francia nel 2005) i riots di espandono: Bristol, Londra, e ancora Birmingham, Leeds, Manchester, Liverpool.

Sono pietre, fuochi e vetrine devastate, supermercati e negozi di beni di consumo (telefonini, vestiario, tecnologici) saccheggiati.

E qui sta, a chi ha memoria, la prima differenza con la Francia del 2005.

Nelle banlieues francesi si attaccavano scuole, biblioteche, sedi di municipi e, in grandissima quantità, auto, date alle fiamme a centinaia, a migliaia.

Ad un primo sguardo, sicuramente distante e per forza di cose filtrato dai media a cui abbiamo accesso, la rivolta di Londra assume immediatamente un carattere economico, materiale, laddove quelle francesi sembravano invece “morali” o anti-istituzionali.

Ciò non ha niente di sconvolgente: in periodo di crisi economica, di fronte a politiche annunciate di austerità e sacrifici, la merce è oggi il simbolo del conflitto sociale che accomuna Paesi ieri inavvicinabili, come la Tunisia e l’Egitto con gli Stati europei più “avanzati”.

Nel 2005, in piena crociata anti-immigrazione e dentro le politiche di discriminazione, la rivolta si è scagliata contro i simboli di quel potere che emarginava, controllava, reprimeva.

Oggi, assume un carattere più materiale, ma soltanto perché è diventata materiale la Crisi sulla pelle dei poveri.

In ogni caso, la matrice “politica” è palese. “politica”, con la p minuscola, perché se il quadro d’insieme parla di una crisi economica di scala mondiale alla quale si tenta di rispondere un po’ ovunque con politiche nazionali e regionali di ristrettezza, di tagli e “lacrime e sangue”, è la vita della gente, ormai, la linea del fronte sulla quale impattano le conseguenze di questi eventi globali.

 

Secondo. Chi sono i rivoltosi?

Ho letto a destra e a manca definizioni, supposizioni, letture ideologiche e anche un po’ preconcette. Che siano poveri è pacifico. Che la maggior parte di quelli che hanno praticato materialmente i riots siano giovani è facilmente intuibile, se non quasi scontato, se non altro per ragioni fisiche. Ma alcune categorie ormai abusate dopo le rivolte francesi non mi convincono.

“Emarginati”. “Delinquenti”.

In un’intervista pubblicata su Il Fatto Quotidiano lo storico John Foot sembra voler scacciare questa etichetta. “Qui (in Inghilterra) non ci sono le banlieues. Poveri e ricchi vivono negli stessi quartieri. E qualche volta questi mondi inconciliabili entrano in conflitto”.

Questo spiegherebbe anche i saccheggi, rivalsa “di classe” proprio contro quei “ricchi-modello irrangiungibili” e nello stesso tempo rispedirebbe al mittente l’accusa di chi, generalizzando i pochi fotogrammi mandati sulle Tv nazionali, parla di “delinquenti, gangs, giovani sbandati, criminali”.

Altri testimoni oculari “esteri” raccontano di aver visto intere famiglie scendere in piazza e incitare i giovani alla rivolta, al saccheggio.

Fonti “diaboliche” (perché perseverano nella loro ricerca di complotti, capi espiatori, terroristi e “capi” – Il Giornale, ndr) parlano con clamore della presenza di anarchici e della partecipazione anche degli studenti che avevano invaso le strade questa primavera nelle dure manifestazioni contro i tagli. Se questo fatto venisse confermato, qui avremmo un’altra sostanziale differenza con le banlieues francesi: la generalizzazione, anche verso aree manifestatamente politiche, dei moti. In Francia aveva quasi stupito l’assenza della sinistra, anche extra-parlamentare dagli scontri di strada (anche se poi molti singoli militanti hanno raccontato di esserci stati, o di essersi sentiti comunque vicini ed orgogliosi di quanto i loro coetanei stavano facendo).

 

Ne sentiremo ancora, e delle belle, credo, ma se questi primi elementi venissero anche solo in parte confermati, avremmo per una volta un quadro realistico: se sono “poveri in rivolta”, non ha senso stare a guardare il dato anagrafico, generazionale o professionale. Le rivolte sono eventi “speciali” proprio perché bruciano i confini, ivi compresi quelli stabiliti da esperti e commentatori, tra le persone. Detto ciò, la congiuntura economica, le lotte contro le politiche di “lacrime e sangue”, la violenza mortale di chi deve, per funzione, “controllare i poveri”, rappresentano evidentemente fattori non emendabili del quadro d’insieme nel quale questi eventi si svolgono.

Molto probabilmente questa rivolta durerà ancora per qualche settimana, ma difficilmente raggiungerà l’intensita e la coscienza delle rivoluzioni arabe. Ciò nonostante mette davanti agli occhi di tutti una questione lampante: continuare ad aumentare la povertà con misure di austerity che colpiscono le classi più basse porterà a sempre nuove sollevazioni e sempre più intensa rabbia covata nei sobborghi delle metropoli europee.

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Ruba Bandiera No Tav

In progress…

Secondo me non si riesce a cogliere l’enorme vittoria ottenuta oggi dal popolo No Tav se si rimane dentro una logica di bruta forza di occupazione: forza che ha permesso alle forze di polizia di prendersi militarmente il cantiere qualche giorno fa e che è stata inutile oggi di fronte al cambiamento di strategia imposto dai No Tav.

I No Tav, oggi, hanno giocato un altro gioco, sono riusciti ad imporre altre regole (e già questa è una grandissima vittoria). Era infatti impensabile per chiunque non tanto riuscire a “riconquistare” tutta l’area del cantiere (oggi è stato quasi fatto) ma soprattutto a tenerla. I mezzi, le forze fresche, i blocchi stradali, in una parola il potere che la controparte ha in mano è troppo grande, ancora, per lasciarsi scappare l’occupazione di un terreno per più di qualche, o anche molte, ore. E’ la logica militare: sbarco, bombardo, picchetto, militarizzo, attacco e contrattacco sempre con il massimo della potenza di fuoco disponibile. E’ vero, non possono certo mantenere migliaia di poliziotti in Valle per tutta la durata dei lavori prevista (20 anni!). Ma possono di certo “occuparla” militarmente tutte le volte che vogliono.

La strategia usata dai No Tav oggi, dicevo, mi sembra di un’altra pasta, più “giocosa”, pur nel drammatico, a volte, mettere in gioco i propri corpi e le proprie vite.

Mi piace pensarla come un enorme Ruba Bandiera: l’obiettivo non era ri-occupare militarmente il terreno (con quali “armi”? con quali mezzi per difenderlo? e poi perché gli abitanti avrebbero dovuto occupare militarmente il loro territorio, è già loro!). L’obiettivo era dimostrare di essere capaci di superare le recinzioni, di resistere ai contrattacchi lacrimogeni, tenere in scacco per un’intera giornata le forze del denaro e poi rifluire, riportando la bandiera sana e salva a casa.

Come a Ruba Bandiera, è stata l’invulnerabilità del fronte di occupazione la posta in gioco, ed ha perso malamente.

Si sono aperti varchi, si sono sventolate le bandiere No Tav, si è resistito e soprattutto si è tornati (quasi) tutti a casa, sani magari non proprio, ma salvi e vincitori. E, diciamolo, sia gli arresti che le manovre poliziesche hanno fallitto, ottenendo solo dei risultati minimi e miseri.

Ora per i (per fortuna pochi) compagni/e arrestati non resta che riuscire ad imporre l’ultima regola del Ruba Bandiera: Conquista Bandiera Libera Tutti/e!

 

Oggi Polizia, Politica e Organi d’Informazione ufficiali si sono sperticati nel tentare di raccontare una realta da Afghanistan talebano: infiltrati, terroristi, Black Block, poliziotti feriti, etc etc. Ed è stato esaltante per chi come ha seguito tutta la giornata su internet vedere come la disinformazione si è mangiata la coda, contraddicendosi senza sosta per tutta la giornata. La pagina della diretta di Repubblica in questo senso è l’emblema della falsità del mainstream che non riesce neanche più a mascherarsi.

Tra le più infami, l’accusa della Questura ai manifestanti di aver provocato incendi. Ma non tiravano sassi?E voi non tiravate lacrimogeni?Allora chiediamo al bambino di 4 anni: che cosa brucia, un sasso o un lacrimogeno?

E poi, volendo approfondire, i manifestanti stavano nei boschi, i poliziotti sopra i ponti e dentro il cantiere. Chi dei due mirava a zone con alberi?

E meno male che siete “preparati militarmente”…

Hanno detto che erano pochi (7 000 secondo la Questura). Qualche ora dopo in migliaia assaltavano le recinzioni (da un rapido conto secondo Repubblica sono stati 2-3000 almeno). Ma erano pochi “facinorosi, professionisti europei della violenza”. Ma a Chiomonte altri (i “buoni”?) allestivano il pronto soccorso per i compagni feriti (i “cattivi”?). In queste tre frasi ci sono almeno 3 corto-circuiti: erano pochi (non vero); i pochi erano violenti (ma non erano pochi neanche questi), separati dai “buoni” (ma i “buoni” li curavano e aiutavano). E tutti (politici)a dissociarsi, a condannare e condannarsi all ‘ennesima figura di merda. Rileggetela quella pagina. Si legge chiaramente l’impostazione di una linea mainstream di legalità e blocco di potere (il solito dividi et impera tra “violenti” e “non-violenti”, il gioco di legittimazione dei “buoni” e delegittimazione dei “facinorosi”), che viene erosa ed infine completamente dilacerata dalla realtà che è filtrata stavolta attraverso i siti del movimento.

Si perché la grande novità sta nel fatto che stavolta l’informazione alternativa ha “bucato” il mainstream, costringendolo a parlare con le nostre parole, a contraddirsi nelle note redazionali, ad esporsi come scribacchino rinchiuso nelle stanze della servitù del potere (dichiarazioni di politici, amministratori, poliziotti e questurini e neanche un inviato in loco!).

Questo risultato, questo ulteriore “sfondamento” del mainstream fa il paio con la grandissima capacità di attivazione e mobilitazione che i siti di movimento hanno saputo innescare e sono riusciti a sopportare (dal punto di vista dei mezzi e macchinari per streaming, siti, video, foto, etc etc). La Rete stavolta ha innondato tutto.

Finisco. So che dovrei lasciarli perdere nella loro infamia, ma non ci riesco: un questurino si è permesso di definire “vigliacchi” i manifestanti perché (cito a memoria) “attuando una tattica di guarriglia, tirano i sassi e poi scappano”.  Avevo già scritto sulla “vigliaccheria”. E una roba che mi fa particolarmente incazzare. Perché va bene che cerchi di dividere, di creare i “mostri”, di legittimare la repressione presente e futura, ma mettendola sul piano etico sti signori se lo meritano tutto uno “schiaffo” dialettico.

E’ ovvio, quello che rispondo/rispondiamo: chi è il “vigliacco”, colui che senza mezzi mette a rischio la sua incolumità per raggiungere un obiettivo tanto ipotetico quanto simbolico, oppure è “vigliacco” chi con un enormità di mezzi a sua disposizione schiaccia con la forza i deboli che si ribellano?

Il “vigliacco” è il potente, tutte le volte che basa la “vittoria” sulla logica della (propria) forza.

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3 Luglio: NoTav Valsusa – Repubblicando a Bandiera

17:35 Questura: “Il movimento No Tav non ha niente a che vedere con gli scontri”. Era un raduno di Hells Angels.

17:13 51 feriti tra le forze dell’ordine – 17:26 76 feriti tra le forze dell’ordine – 18:00 100 feriti tra le forze dell’ordine – 19:30 Tg1: “150 feriti tra le forze dell’ordine”. La media è di 50 all’ora, superato il limite per le strade extra-urbane.

Ruba Bandiera NoTav: i manifestanti circondano il cantiere, difeso dall’interno dalle forze dell’ordine. Aprono varchi, sventolano le bandiere No Tav. D’improvviso, cariche e rastrellamenti in tutta la valle. Secono le regole di “Ruba Bandiera”, questa deve tornare al campo base per dichiarare la vittoria.

“Durante gli scontri appiccati due incendi”, annuncia il capitano Nerone.

“Nessun proiettile di gomma”, sostiene la Polizia. “Le prove balistiche hanno dimostrato che non rimbalzano”.

Numeri: 7000 secondo la Questura, la Politica e l’Informazione. Repubblica: in 6000 si sganciano e assaltano i cantieri. Gli altri erano in pausa-cesso.

Casini: “Poliziotti eroi”. Una bandiera sulla bara non si nega a nessuno.

Solo 15 i feriti nei boschi tra i manifestanti, secondo fonti ufficiali. Ma almeno 7 di loro erano speci protette.

Lanciati migliaia di lacrimogeni. Responsabile sicurezza PD: “Prendere distanze da protesta violenta”. I sindacati di Polizia: “Nostre richieste legittime: vogliamo un aumento”.

Responsabile sicurezza PD: “Prendere distanze da protesta violenta”. Infatti sta a Roma.

“Stanno dando sfogo alla più inaudita violenza ormai focalizzata solo contro le Forze di Polizia”. Serve una manovra di alleggerimento. Intervenga la Politica. O almeno i politici.

“Stanno dando sfogo alla più inaudita violenza utilizzando il peggior armamentario disponibile”. La crisi colpisce ovunque.

“Stanno dando sfogo alla più inaudita violenza ormai focalizzata solo contro le Forze di Polizia utilizzando il peggior armamentario disponibile”. “Stiamo dando sfogo alla più inaudita legalità ormai focalizzata solo contro i cittadini che dissentono utilizzando il nostro armamentario migliore”.

Lacrimogeni ad altezza uomo. “Manifestanti vigliacchi”. Non is lasciano gasare.

Manifestanti: “Giornata storica, siamo gas(s)ati”

Grillo: “A rischio la democrazia”. Fassino: “Ma anche i conti in banca”.

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