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Recensioni / “Il Verbale” di Marco Berisso

E’ un libro che lascia a metà, alcune cose di ottima fattura, altre più discutibili.
In generale la forma “verbale” può sembrare buona all’inizio, ma alla lunga stanca e, in tutti i casi, già superata la metà ci si dimentica dei numeri che segnano i “fascicoli” del suddetto verbale – che sarebbero poi i paragrafi del libro – tanto è vero che l’autore deve ricordarcelo in maniera sempre più stringente man mano che si avvicina la fine.
La storia in sé è anche interessante, sicuramente uno spunto buono (ed è per questo che in fondo si merita le 3 stellette), ma la scrittura non sempre è brillante, ci sono sicuramente troppe parentesi nella storia, le famose “storielle di contorno”, che a volte funzionano a volte no (a me è piaciuta in particolare la filosofia dell’estate, perchè mi ci ritrovo molto).
Un altro elemento che concorre in questa non eccellente valutazione è il fatto, secondo chi scrive, che il passato della combriccola di amici di cui fa parte il protagonista (e quindi il “suo” stesso passato) non sia molto delineato, lasciando al lettore immaginare di che tipo di “vida loca” si fossero rese protagoniste persone che nel proseguio del romanzo sono tutte più o meno positive (per ammissione dello stesso autore).
Contando poi che il “movente” di tutta la storia è proprio il legame tra la memoria di una persona morta che rappresentava, tra le altre cose, un pezzo della vita, una sorta di legame col passato di chi ai tempi gli stava attorno, beh…verrebbe da chiedere una scheda integrativa perchè è come prendere un libro, strapparlo a metà (o ad 1/3, dai) e leggerle solo l’ultima metà (o i 2/3 restanti).
Idem per quanto riguarda alcuni passaggi precisi, tipo quello in cui il protagonista decide di lasciare Erika: più avanti, ho “intravisto” un barlume di comprensione psicologica di quella scelta, maturata in circostanze mooolto particolari, ma lì per lì mi sono incazzato parecchio e stavo per chiudere il libro e metterlo nel cesto dei “regali”.

Se fosse un opera prima, direi che ci sono buoni spunti e che alla fine l’autore dimostra, senza costanza, anche una buona tecnica di scrittura e narrativa. Ma dalla biografia, non mi sembra che Berisso sia proprio un “outsider”, il che non giova sul mio giudizio.

Riassumendo: 3 stelle, ma NON lo consiglio.

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