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Sayad – Un diritto civico: l’eguaglianza davanti alla giustizia

UN DIRITTO CIVICO: L’EGUAGLIANZA DAVANTI ALLA GIUSTIZIA

 

[paragrafo precedente]Un’altra rivendicazione civica è quella per un trattamento altro all’interno e da parte dell’apparato giudiziario. Il tribunale è un luogo nel quale imperversa la forma più insidiosa, perchè la più nascosta, di razzismo – la meno visibile, non soltanto quella di cui meno si parla e meno denunciata, ma anche la più difficilmente enunciabile e denunciabile. E’ là dove è più difficile sospettare la presenza del razzismo, quando è sempre là che questo esercita le sue devastazioni. Così, niente impedirà la madre o il padre di un ragazza assassinato, nè i suoi compagni di quartiere (compagni anch’essi assassinabili poichè condividono le stesse caratteristiche d’origine e di storia, le stesse condizioni sociali, lo stesso habitat) di vedere nel comportamento del giudice così come di tutta la corte, nel verdetto reso, spesso relativamente clemente per l’assassino, una segno di comlicità oggettiva con l’assassino che è loro compatriota, un segno di solidarietà organica e che non ha bisogno di riflessione per esistere. «Solidarietà di sangue!», si dice. Conosciamo l’espressione «giustizia di classe»; qui, bisognerebbe parlare di «giustizia di casta», che raddoppia l’altra.
    Tutto questo, e altre cose ancora, che noi chiamiamo «diritti civici». Si potrebbe continuare ad enumerare i luoghi in cui bisogna andare a braccare e stanare le forme di discriminazione, i terreni privilegiati in cui vanno ad insediarsi le diverse ineguaglianze dinnanzi all’ordine sociale e politico, davanti alle istituzioni che la società si è data per ancorare e perpetuare questo ordine. Discirminazioni e ineguaglianze che sono tanto delle negazioni di giustizia che delle violazioni dell’ordine pubblico.
    Il razzismo non è solo quello della violenza, quello dell’assassinio o, più ordinariamente, banalmente – banalità sconfortante – quello della vita quotidiana, il disprezzo che si legge negli sguardi e che si traduce in delle condotte diffidenti, sospettose, impaurite; è, anche, quello inscritto nelle istituzioni e nel loro funzionamento quando si tratta di questa categoria particolare di soggetti e di assoggettati che si chiama «immigrati» – che vi è inscritto perchè era già nelle categorie attraverso le quali si percepisce e si costituisce l’immigrazione. Lottare contro la prima forma di razzismo è, senza alcun dubbio, una buona cosa, ma questo richiede che si riduca, per lo meno, anche la seconda. E quest’ultima lotta viene persino prima dell’altra. In mancanza di ciò. la lotta contro il razzismo si limiterebbe ad un discorso puramente morale. Si potrebbe allora temere che, malgrado tutta la buona volontà che la possa animare, una simile impresa non susciti, per pura reazione, che una riattivazione del razzismo, il suo incoraggiamento.
    Che i problemi dell’immigrazione si pongano oggi e che richiamino ad una rottura radicale con la vecchia maniera di formularli e di trattarli, rappresenta una trasformazione delle idee e delle realtà sociali che fanno da testimoni ad una situzione nuova: cambiare il mondo politico presuppone la congiunzione tra un discorso critico (un discorso in atti, quando non può essere eleaborato sotto forma di teoria – è questo il senso di tutte le manifestazioni pubbliche) e una crisi oggettiva. La lotta per i «diritti civici» non conoscerà la riduzione nè alla lotta per la sola scheda elettorale – che non è che un mezzo – nè alla lotta contro il razzismo, essendo che lo sradicamento di questo male non può essere altro che il risultato di tutta una serie di altre conquiste. La lotta per i «diritti civici» non riguarda solamente gli esclusi, le vittime, i dominati dell’ordine sociale e dell’ordine politico, ma l’insieme di questo ordine, a cominciare dalla corrente chiamata abitualmente «forze domocratiche del paese». Ne va effettivamente della stabilità e della sopravvivenza dell’ordine sociale nel suo insieme e, in primo luogo, dell’ordine democratico. Il grande pericolo per la democrazia viene dal fatto che esistano degli individui costretti a vivere al di fuori del mondo comune. E’ anche per questa ragione che noi domandiamo che gli immigrati entrino nel mondo «comune», che è il mondo politico, e, qui, il mondo «nazionale», ma che ci entrino come eguali.

[fine Prima Parte]

 

SAYAD Abdelmalek, L’immigration, ou, les paradoxes de l’altérité. Tome 2: Les enfants illégitimes, Raisons D’Agir Ed., Paris, 2006.

 

Con questo paragrafo termina la prima parte dell’opera. Dopo una meritata pausa di riflessione, deciderò e comunicherò se e quali parti continuerò a tradurre.
La seconda parte consta di una lunga intervista ad un allieva di Sayad, di origini algerine, la quale racconta l’esperienza della sua famiglia, composta da i genitori, immigrati in Francia verso la metà degli ani ’60, e da 6 figli, 3 maschi e 3 femmine. Questa intervista, densa di spunti, consente di aprire una finestra sul mondo nascosto dell’immigrazione e su molti particolari fenomeni quali il rapporto tra i genitori e le diverse generazioni dei figli (i primi (e la prima) essendo nati in Algeria hanno vissuto il passaggio da una situazione all’altra, condividendo e "subendo" anche il "portato" culturale dei genitori, fatto di aspettative, valori morali e condotte di vita particolari obiettivamente diverse da quelle del mondo francese; le figlie (e il fratello) minori, nate/i in Francia, vivono questo rapporto in maniera del tutto differente, anche grazie all’"esperienza" acquisita attraverso le vicende dei maggiori. E sono loro anche a fornirci una sorta di "tipologia delle strategie" con le quali essi stessi affrontano, diversamente l’uno dall’altro, la situazione. Oltre ad innumerevoli altre cose, si conclude infine con l’analisi proposta da Sayad.
Nella terza, intitolata: "Il modo di generazione delle generazioni «immigrate»", il discorso di Sayad si fa teoria analitica, cercando di indagare i rapporti e i meccanismi di cui sono investiti e in cui giocano la loro vita le differenti generazioni.

Se qualcuno avesse urgenze/preferenze per una di queste parte (anche brevi estratti), me lo segnali: non prendetelo come un "incarico" che mi commissionate, peggio un "lavoro". Sarà piuttosto una ragione da aggiungere alle altre nella mia personale scelta di traduzione.

Posted in In Progress, Politica, Sayad - Tomo 2, Sociologia, Tempi Moderni, TeoriAE, Trans-linguismi.